IL PRETORE
    Nella  causa  promossa da Diamantini Corrado contro Poli Benito ha
 pronunciato, a scioglimento della riserva che  precede,  la  seguente
 ordinanza.
    Ritenuto  che  il ricorrente adiva il giudicante affinche' venisse
 dichiarata la  non  soggezione  dell'esecuzione  promossa  contro  il
 resistente  ai sensi dell'art. 3 della legge n. 360/1991, avendo egli
 documentate necessita' di disporre dell'immobile;
      che all'udienza del 22 marzo 1994 questo giudicante si riservava
 la decisione  a  seguito  dell'interrogatorio  delle  parti  e  della
 discussione in udienza;
      che medio tempore e' entrato in vigore il decreto legge 31 marzo
 1994,  n.  221  pubblicato  nella Gazzetta Ufficiale 1 aprile 1994 in
 base al  quale  la  formula  normativa  "documentate  necessita'"  e'
 divenuta "accertate necessita'";
      che  nel  caso di specie la necessita' non risulta accertata nel
 titolo  esecutivo,  ne'  il  nostro  ordinamento  richiede  una  tale
 cognizione  (salvo  i  casi  introdotti  con  la  disposizione di cui
 all'art. 11 comma 2- bis della legge n. 352/1992);
      che l'utilizzo del termine "accertate necessita'" induce  questo
 giudicante  a ritenere che la necessita', gia' "accertata" al momento
 dell'introduzione della procedura ex art. 3 della legge n.  360/1991,
 risulti  da  un  giudizio  di  accertamento  effettuato  dal  giudice
 competente in sede di cognizione;
      che, ad ogni buon conto, il g.e. - a cui e'  stata  affidata  la
 procedura anomala prevista dall'art. 3 della legge n. 360/1991, sulla
 base  dell'espresso  richiamo  in  esso contenuto all'art. 2, secondo
 comma, legge n. 61/1989 - nel nostro ordinamento non ha mai un potere
 cognitivo  di  accertamento,  tanto  che  nell'ipotesi   disciplinata
 dall'art.  548  del c.p.c. - unico caso rinvenibile - il pretore muta
 la sua natura da giudice  dell'esecuzione  a  giudice  di  cognizione
 sospendendo il processo esecutivo (cfr. art. 549 c.p.c.);
      che,  alla  luce di quanto sin qui detto, il ricorrente in forza
 dello ius superveniens deve intraprendere un giudizio  di  cognizione
 piena (se del caso ex art. 59 legge n. 392/1978) onde far accertare -
 con  sentenza passata in giudicato - la propria necessita' al fine di
 poter incardinare avanti il g.e. l'azione prevista dall'art. 3  legge
 n. 360/1991;
      ritenuto  altresi'  che  neppure  la  legislazione  speciale per
 Venezia, nella sua formulazione originaria, aveva conferito  al  g.e.
 un  potere  cognitivo  atteso  che  questi doveva solo verificare che
 della necessita' allegata dall'esecutante fosse  fornita  congrua  ed
 attendibile documentazione;
      che  non  e' consentita una diversa lettura della novella atteso
 che, qualora l'accertamento della necessita' fosse da intendersi come
 rimesso a questo G.E., la norma  risulterebbe  ugualmente  violatrice
 del  diritto  di  difesa,  perche'  ad un "accertamento" devono poter
 concorrere entrambe le parti, mentre secondo l'art. 3 della legge  n.
 360/1991  il  quale,  come detto, richiama espressamente la procedura
 disciplinata dall'art. 2 della legge n. 61/1989,  la  loro  audizione
 non solo e' meramente eventuale, ma, come risulta nel caso di specie,
 e'  assolutamente  inidonea,  per  questo  giudicante,  a pronunciare
 l'accertamento dell'esistenza o  inesistenza  della  necessita',  ne'
 possono  essere  introdotti  in  questo  giudizio,  per la sua stessa
 natura, altri e diversi mezzi di  prova,  salvo  le  informazioni  di
 polizia;
      che  una tale interpretazione, unica consentita, non corrisponde
 alla ratio ne' alla volonta' che ha condotto alla novella  sospettata
 di illegittimita' costituzionale;
      considerato  che,  dovendo il proprietario esecutante munirsi di
 un ulteriore titolo (con natura  di  cosa  giudicata)  accertante  la
 propria  necessita',  a seguito di giudizio da incardinarsi avanti il
 giudice competente, si violano principi costituzionalmente  garantiti
 in quanto:
      da  un  lato  l'efficacia  esecutiva  del titolo azionato per il
 rilancio dell'immobile, non solo rimane sospesa, ma altresi' soggetta
 alla definizione di un secondo giudizio, la qual cosa pare violare il
 disposto dell'art. 24  della  Costituzione  perche'  l'esercizio  del
 diritto  di  veder riconosciuta in caso di necessita' l'eseguibilita'
 del  titolo  (diritto  che,  secondo  gli  insegnamenti  della  Corte
 costituzionale,  "salva"  la  costituzionalita'  di  leggi fortemente
 limitative del diritto di proprieta') risulta eccessivamente oneroso,
 atteso che i tempi  medi  di  una  pronuncia  definitiva  nel  nostro
 ordinamento  non  sono  inferiori al decennio ed i costi di un simile
 procedimento sono noti a tutti.
    Dall'altro  lato  appare  violato  l'art.  42  della  Costituzione
 perche'  la  sospensione  del  godimento  del  diritto  di proprieta'
 comporterebbe lo svuotamento del contenuto del diritto  stesso  cosi'
 come proclamato dall'art. 42, secondo comma, della Costituzione senza
 neppure  darsi  corso  all'indennizzo  di cui all'art. 42 terzo comma
 della Costituzione, e  perche'  l'astratta  disponibilita'  del  bene
 verrebbe fiscata in quanto, l'impossibilita' materiale di addivenire,
 per  un cosi' lungo tempo, all'esecuzione del rilascio dell'immobile,
 determina un depauperamento del valore  economico  dello  stesso  con
 conseguente svalutazione sul mercato immobiliare.
    Peraltro non si rinviene un principio costituzionale positivamente
 determinato, tale da giustificare, in un giudizio di bilanciamento di
 interessi, una cosi' radicale compressione del diritto di proprieta',
 il  quale  diritto  potrebbe, pur in presenza di una reale ed urgente
 necessita', risultare non esercitabile per un periodo di tempo  cosi'
 lungo da svuotare ed annullare il significato del diritto stesso.
    Infine  la  novella  per  tutto  quanto  sin  qui  detto determina
 un'irrazionale disparita'  di  trattamento  tra  i  casi  in  cui  il
 proprietario-esecutante  abbia  necessita' (non ancora accertate ed i
 casi in cui sussistano i presupposti di  cui  al  combinato  disposto
 degli  artt.  2,  primo  comma,  legge  n. 61/1989 e 3 della legge n.
 360/1991. Non si vede infatti perche' l'esecutante, il quale sostenga
 ed  abbia  la  necessita'   (non   ancora   accertata   di   disporre
 dell'immobile,  debba  sottoporsi  ad  un accertamento, con gli oneri
 anche economici che esso  comporta,  mentre  nel  caso  di  morosita'
 bimensile  del  conduttore  (o in un altro dei casi contemplati dalla
 norma di cui all'art. 2 legge n. 61/1989) e' sufficiente, un giudizio
 anomalo e sommario di verifica, certamente meno oneroso in termini di
 tempo  e  spesa,  di  talche'  appare  giustificato  il  sospetto  di
 illegittimita'   costituzionale   della  norma  denunciata  anche  in
 relazione all'art. 3 della Costituzione.
    Attesa infine la  rilevanza  della  questione  vertendo  la  causa
 proprio  sull'interpretazione  della  novella introdotta con l'art. 3
 d.l. n. 221/1994.